Di Francesco Caruso - Sat, 23 Mar 2013 10:49

Si parla di accanimento terapeutico quando alcuni medici, non riconoscendo il carattere ineluttabile ed imminente della morte, sottopongono il malato a trattamenti dai quali, a causa della natura inguaribile della patologia, lo stesso non può trarre beneficio e che riducono in maniera significativa la qualità , ed a volte anche la durata, della vita. L'accanimento terapeutico è inoltre caratterizzato da una connotazione peggiorativa:
sottintende, infatti, l'infliggere al malato delle sofferenze inutili, che a volte possono essere paragonate alle torture (L. V. Thomas)., prolungando ed intensificando l'agonia privando il malato della sua dignità, della sua libertà e della sua morte naturale, inevitabile. Questo è tanto vero per pazienti con difficoltà comunicative. Questa sofferenza prolungata di trasferisce ovviamente alla famiglia e spesso ai sanitari.
Al giorno d'oggi i medici non possono avere la certezza del risultato di una terapia, ed è difficile stabilire, soprattutto in relazione a patologie gravi e delicate come i tumori, quali siano i rischi ed i benefici potenziali di una terapia in una determinata patologia. In questo ci vengono in aiuto l'esperienza e la letteratura: una migliore conoscenza dei fattori prognostici permette attualmente, nella maggior parte dei malati acuti o cronici, di poter valutare, partendo dai sintomi e dai risultati degli accertamenti, le possibilità di guarigione o di remissione così come i rischi di complicazioni o di sequele. Queste valutazioni vengono fatte sulla base di dati statistici che, pur non avendo valore assoluto, aiutano la decisione medica.
L'accusa di accanimento terapeutico è mossa spesso a posteriori, quando il trattamento non è andato a buon fine: secondo Laroque l'accanimento terapeutico è un miracolo fallito.
Questo succede perché si carica la famiglia ed il malato di un'aspettativa superiore a quella che la realtà della malattia invece lascia.
Una condotta medica ragionevole, basata sui dati di fatto e le evidenze medico-scientifiche, non può portare ad accanimento terapeutico.
Alcune persone giudicano positivamente l'atto di redigere e portare all'attenzione del medico un documento, definito da più parti "testamento biologico", nel quale si indicano le proprie volontà di non essere fatto oggetto, durante la malattia, di terapie giudicate a priori sproporzionate. Alcune nazioni, come gli Stati Uniti e la Danimarca, accordano un valore legale a tale documento.
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