infertilità dovuta a diverse cause: la principale riconosciuta sembra essere il varicocele (25-30% circa), mentre in un ulteriore 25-30% dei casi non si riesce a trovare una causa certa. Altre cause sono l'abuso di alcuni farmaci (25%), criptorchidismo (6-8%), alterata eiaculazione (6-8%), malattie endocrine ed immunologiche, anomalie cromosomiche, infezioni ed altre malattie sistemiche.
Il varicocele rappresenta dunque la causa più comune di infertilità maschile, avendo una prevalenza nell popolazione generale del 15-20 %: questo significa che non tutti coloro che sono portatori di varicocele presentano poi un'infertilità manifesta.
Il varicocele è rappresentato da una dilatazione (ectasia) ed incontinenza delle vene che drenano il sangue dal testicolo verso il circolo sistemico (plesso venoso pampiniforme). Il conseguente reflusso di sangue indurrebbe una congestione vascolare più o meno marcata a livello del testicolo con aumento di temperatura dello stesso, con l'esito di un'alterata spermiogenesi (produzione di spermatozoi). Il varicocele può essere primitivo o idiopatico, riconoscendo come causa una debolezza e lassità intrinseca dei tessuti vascolari, o secondario ad ostruzione del deflusso venoso. In quest'ultimo caso è necessario trattare la causa che ha provocato l'ostruzione, NON il varicocele in quanto tale.
La condizione di alterata spermiogenesi è reversibile: tanto più precocemente viene risolto il problema varicocele, tanto meglio riprenderà la funzione riproduttiva.
Il varicocele si manifesta come una tumefazione (ingrossamento) irregolare, più o meno grande, alla radice dello scroto, che può ingrossarsi con i colpi di tosse o gli sforzi fisici. Può dare fastidio o dolore, sordo e continuo, accentuato dagli sforzi.
Alla visita medica si presenta con la caratteristica consistenza, alla palpazione, tipo "sacchetto di vermi" alla radice dello scroto. Un ecocolordoppler della regione inguino-scrotale dirimerà ogni dubbio, anche se la diagnosi clinica nel 95% dei casi risulta corretta.
Attualmente non esiste un univoco consenso sul miglior trattamento del varicocele. Esistono diverse tecniche chirurgiche e di radiologia interventistica, che sono sintetizzabili i due filosofie: legatura delle vene dilatate (via chirurgica sia open che laparoscopica) e sclerotizzazione delle stesse (via radiologica).
Entrambe le metodiche hanno vantaggi e svantaggi: attualmente sembra che per i varicoceli di piccole o medeste dimensioni (Classificazione ecografica di Hirch grado I-II-III) sia accettabile il trattamento sclerotizzante, che per i gradi più elevati (IV e V) presenta importanti tassi di recidiva (risorno della malattia), motivo per il quale, in questi casi, è indicato il trattamento chirurgico.
PARERI PERSONALI DELL'AUTORE:
Nella mia modesta esperienza personale per quel che riguarda l'approccio chirurgico al varicocele (oltre 100 casi da aiuto e primo operatore), circa la metà dei quali eseguiti in anestesia locale, gli altri in anestesia spinale, posso dire che i risultati sono ottimi con buona soddisfazione dei pazienti.
L'intervento viene eseguito con un piccola incisione sub-inguinale, a livello della radice dello scroto, di circa 3-4 cm, riconoscendo ed isolando i vasi ectasici del plesso pampiniforme e legandoli selettivamente in microchirurgia, rispettando le altre strutture nobili della regione, in primis il dotto deferente con l'arteria deferenziale e l'arteria gonadica. La durata dell'intervento è di circa 25-30 minuti. La degenza può essere di 1-2 giorni, a seconda dello status del paziente, contemplando ovviamente anche il day-surgery. Non ci sono grosse complicanze se l'intervento viene eseguito con perizia e l'emostasi è accurata. Un piccolo ematoma della regione scrotale e dolore di modesta entità sono state le complicanze più frequentemente riscontrate.